Se i caprioli brucano a S. Samuele
Qualche giorno fa, verso l’imbrunire, quando la luna era ancora un cerchio bianco disegnato su un foglio azzurro, girava voce della presenza di un gruppo di caprioli a Venezia. Pareva si aggirassero tra le calli, nei pressi di Campo Santo Stefano, liberi. L’afa rendeva ogni movimento impossibile, ma la curiosità non concedeva nessuna tregua. Si diceva che fossero giunti a Venezia dalle montagne, precisamente da quelle foreste dove un tempo i nostri antenati andavano a tagliare alberi su alberi, per poi lasciarli scendere in pianura lungo i fiumi. Una volta giunti a riva, in quantità inimmaginabili, quei tronchi bagnati e ancora odoranti di bosco, stremati dalla discesa e dal dislivello, venivano lavorati e piantati nella laguna per costruire le fondamenta della città. Insomma, i caprioli venivano proprio da quei monti e avevano deciso di ritornare a valle, accompagnati da due signori che sapevano avvicinarli. Le voci li avvistavano vicino a San Samuele, in Calle delle Botteghe, nell’area un tempo occupata dai calzolai le cui tracce rimangono ancora oggi nel bassorilievo raffigurante una scarpa con fiocco, nella colonna bianca di fronte all’Ostaria Al Bacareto.